Facciamo rete!

La filovia 90-91 è un buon osservatorio per immergersi nella realtà di Milano, quella popolare e multietnica. Per farsi un’idea di come vanno le cose, dei discorsi degli studenti, dell’individualismo e della solidarietà. Scarseggiano gli iPad, tanti cellulari economici, tanta gente che prova a tirare avanti meglio che può. A volte spintonandosi, a volte dandosi una mano.

L’altro giorno ero sul filobus 91, stracolmo di gente. Due signore “vecchia Milano” si confermavano a vicenda nella propria certezza:
– “Non c’è più educazione, Signora Mia… ”
– “Davvero, Signora, proprio non c’è più rispetto. Ognuno pensa per sé, e basta… “.

Alle mie spalle, poco prima, un signore dall’accento milanesissimo aveva appena invitato una giovane maghrebina incinta a trovar posto lì in fianco: “Altrimenti, finisce che tutta questa ressa le dà una spinta di troppo e… oplà, il suo bambino nasce prima del tempo!”. Ricevendo in cambio un sorriso riconoscente della futura mamma, sfuggita al pigia-piginsiemeia.

I periodi di crisi prolungata hanno questa caratteristica: riescono a tirar fuori il lato migliore e quello peggiore delle persone. Il desiderio di fuggire, di trovare una scappatoia, di provare a sistemarsi telefonando all’amico del cugino, che conosce un sacco di gente. E quello di provare a darsi una mano a vicenda, perché l’unione fa la forza, per provare a parare i colpi resistendo assieme, proprio come i fili ritorti nelle gomene delle navi.

I tempi sono davvero grami, ne abbiamo continue conferme, riscontri nei racconti dei conoscenti e nelle notizie di stampa. Non è per niente facile, specie per chi è più avanti negli anni, ha meno carte da giocare, meno strumenti culturali. Per chi è straniero, magari senza permesso. Ovunque, si colgono crepe e scricchiolii: un intero sistema economico sembra sul punto di cadere a pezzi, il modello consumista deperisce per crollo dei potenziali consumatori, espulsi dal mondo produttivo e privi di reddito certo.

Qua e là, mi pare di cogliere dei segnali. Timidi e incerti, come le prime violette all’inizio della primavera. Esitanti, perché fuori dal coro. Fanno appello alla creatività, cercano fondi dal basso, magari attraverso Internet. Recuperano forme solidali care ai nostri vecchi, come le cooperative o le società di mutuo soccorso. Scelgono la condivisione come modello, lo scambio di saperi. Gli orti collettivi e i Distretti di Economia Solidale. Soprattutto, mi sembra, mettono al centro la relazione. La progettazione condivisa.
Sarà forse l’arte di arrangiarsi del Terzo Millennio? Non credo, penso piuttosto che si stia iniziando a capire, o meglio, a cercare nuove strade e ad aggiornarne di antiche.

Si cerca di fare rete, di mettere in circolo buone energie. Scambiandosi idee e spunti, anzitutto. Condividendo spazi, come accade nel coworking. Suddividendo la realizzazione di progetti complessi tra tanti partecipanti (il cosiddetto crowdsourcing). Proponendo sul web un’idea, un progetto che si ritiene meritevole, e corredandolo di tutti i dati necessari a farsene un’idea, per poi partecipare con una quota libera ai costi di realizzazione (e questo è il crowd fundingun esempio del quale è il film “L’anima attesa“, dedicato a don Tonino Bello).

Rete come circolazione di buone idee e di buone energie, grazie alle mille possibilità che il Web 2.0 offre. E ancor più importante, rete come intreccio di relazioni. Conoscenza, magari virtuale sui social network e poi reale. Fiducia reciproca, sostegno, mutuo aiuto.
In questo modo, mi sembra, si tengono assieme i modelli di collaborazione cari ai nostri vecchi (basati sulla cooperazione, lo scambio, la solidarietà tra soggetti altrimenti svantaggiati) e le possibilità di conoscenza tramite Internet, che per i nostri nonni e bisnonni sarebbero vere e proprie diavolerie, affascinanti e incomprensibili.

La sfida è questa: fare rete, usare la Rete, costruire relazioni. Ho grande fiducia in queste opportunità, e ne ho continui riscontri. Se poi qualche navigatore solitario, che esplora il web e passa da queste parti, volesse segnalare esempi e buone pratiche – condividendo la propria esperienza – ne sarei particolarmente lieto: i commenti a questo post sono liberi, e l’indirizzo email al quale scrivere è: pensierilenti [at] gmail [punto] com. Prometto di pubblicare tutto… post pubblicitari esclusi!