Lentius, profundius, suavius

Scrivo queste righe standomene all’ombra e al fresco della breva che soffia dal Lago di Como, con un pensiero ricorrente e un po’ malinconico a quando dovrò riprendere la strada di casa, e rassegnarmi al grigiore della Bassa Milanese.

Ripenso a due esperienze emozionanti, vissute in Toscana a inizio agosto, che mi hanno regalato tanti spunti di riflessione, intrise come sono state di senso, di sapori buoni, di cose semplici, di fraternità.

Ho avuto modo, una volta di più, di sperimentare la bellezza delle relazioni. Di arricchirmi condividendo la fatica, la riflessione, l’ascolto con altre persone. Tutte incamminate lungo i sentieri della vita. Chi stanco delle svolte improvvise e dei vicoli ciechi, chi indeciso davanti a qualche bivio, chi in sosta dopo salite faticose e lunghi “strappi”, che sembrano non finire mai.

Momenti di sosta e di incontro come questi sono esperienze incomparabili – almeno per me – per uscire dal guscio delle mie abitudini, da una routine che spesso diventa galleggiamento, ripetizione di gesti, continuo saltabeccare da uno stimolo all’altro, da un’incombenza alla successiva. “Viviamo nell’era dell’attenzione discontinua”, diceva un articolo di qualche tempo fa: parlava di luoghi di lavoro, ma in fondo descriveva le nostre vite. Schiacciate tra mille compiti attese doveri piaceri scadenze. Proiettate sui progetti futuri, sulla prossima data cerchiata sul calendario. E spesso dimentiche del momento presente, dei ritmi naturali che hanno segnato la vita di tutte le generazioni che ci han preceduto, degli spazi di silenzio e di respiro per la nostra anima.

Esperienze come queste mi fanno pensare a quanto il mito dell’efficienza sia diventato il peggior nemico della semplicità, della Vita vissuta con la maiuscola. Come se la fretta, l’azione diritta allo scopo e poi al successivo e poi a un altro ancora fosse l’unica maniera di vivere alla nostra portata, il solo modo per sentire un sapore, un senso, una gioia nella collana delle nostre giornate. Che infiliamo come perline nel filo del tempo, scordandoci forse di contemplarle, di rallentare per aver tempo di gustarci un incontro, un paesaggio, un racconto. I rari attimi di spaesamento, di vuoto, di noia diventano nemici da combattere, ricorrendo ai migliori antidoti per scacciare alla svelta il dolore che fa capolino nell’anima.

Ecco, credo che avremmo bisogno più spesso di cambiare ritmi, di trovare e di regalarci spazio. Tempi dilatati, paesaggi dolci, ascolti pazienti. Silenzi rispettosi, scarni, senza più domande consigli rimedi informazioni. Un po’ come in una chiesa romanica, dove i vuoti sono in perfetto equilibrio con la pienezza delle forme e della luce.
Semplicità e grazia: non ci serve molto di più per andare incontro a ogni nuova giornata. E spazi di luce per la nostra anima, e per le anime che ci sono compagne di viaggio.

In questi anni abbiamo corso così velocemente che dobbiamo ora fermarci perché la nostra anima possa raggiungerci. (Michael Ende)

3 pensieri su “Lentius, profundius, suavius

  1. Quanto hai ragione, caro Claudio.
    Ma riusciremo, una volta tornati alla solita vita, a non farci imprigionare ancora dall “cattive abitudini”? Lo spero tanto…

  2. Claudio sono Anna Martini. Ho letto la tua mail e sono entrata nel blog.
    Sei di una sensibilità straordinaria, grazie, avevo bisogno delle parole che ho letto e della musica che ho ascoltato. Ne avevo bisogno in questo preciso momento e ..ancora, come succedeva a Romena, ho sorriso perciò
    , …grazie
    Anna

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